J’ai tué ma mère

J’ai Tué ma Mère

di Xavier Dolan
Drammatico, durata 96 min. – Canada 2009
Con Anne Dorval, Xavier Dolan, François Arnaud, Suzanne Clément, Patricia Tulasne

Hubert è un adolescente canadese cresciuto senza il padre, divorziato dalla madre e disinteressato delle sorti del figlio. Privo di un punto di riferimento maschile e agitato dalle pulsioni e dalle inquietudini tipiche della sua età, Hubert nasconde la propria omosessualità alla madre e sfoga su di lei il dolore represso, colpevolizzandola per non amarlo abbastanza.
L’enfant prodige del cinema canadese, Xavier Dolan, debutta dietro la macchina da presa con questo lungometraggio sorprendente, da lui scritto, diretto, interpretato e prodotto ad appena vent’anni, dopo alcune esperienze di attore. La freschezza, la vitalità e l’intensità stilistica di questa opera prima fanno presagire un futuro roseo, ampiamente confermato dai lavori successivi.
In J’ai Tué ma Mère, Dolan getta le basi – seppur acerbe – di un’autorialità brillante e incontenibile. Sono già presenti i due temi che sarebbero diventati il perno attorno a cui ruota la sua intera filmografia: un’omosessualità sofferta ma convinta e il rapporto difficile, di amore e odio, con la madre. Quest’ultimo tema è qui preponderante e il titolo del film non ne fa mistero. “Ho ucciso mia madre” è l’estremo e disperato atto di cui l’anima adolescente si nutre per intraprendere una catarsi da cui ripartire, preparandosi al tortuoso passaggio all’età adulta. Gli infantili scoppi di ira del protagonista – incapace di comprendere gli atteggiamenti di una madre da cui vuole marcare la differenza – sono tipici dell’età adolescenziale, così come le difficoltà di comunicazione di una donna sola, in bilico tra amicalità e genitorialità, ma non disposta a rinunciare a una fetta di orgoglio e amor proprio.
A non essere tipico e soprattutto non banale è lo sguardo del regista su questa vicenda di passioni trattenute, represse e poi di colpo esplose. Dolan ha il dono di non lasciare indifferenti e già qui ne dà prova, tratteggiando un universo di sentimenti ed emozioni dalle tinte forti, da cui i grigi e le sfumature sono banditi, proprio come avviene nell’adolescenza. Il desiderio di distinguersi e non conformarsi di un adolescente più profondo della media (che ha 10 in letteratura e 5 nelle altre materie) sembra aver contagiato il suo autore, animato da una genuina e non calcolata voglia di stupire nella scelta di ogni inquadratura, dialogo, musica e colore. L’orizzonte asfittico che schiaccia i suoi personaggi, lacerati da contrasti e tensioni interiori irrisolte, è squarciato da Dolan con l’urgenza, l’irruenza e l’autenticità di uno stile che lascia il segno, calato in un’estetica anni Ottanta che il giovane cineasta non ha vissuto in prima persona, ma a cui rivolge frequenti dichiarazioni d’amore.
L’originalità autoriale del regista si accompagna alla verità delle emozioni inscenate, anche grazie alla convincente naturalezza e intensità di interpreti affiatati, che avrebbero continuato a lavorare insieme: lo stesso Dolan nei panni di Hubert, Suzanne Clément nella parte dell’insegnante comprensiva e Anne Dorval votata (come nel successivo Mommy) al ruolo della madre totalizzante e distruttiva. Una madre che è insieme centro e periferia, motore e freno dell’universo. E che scatena la truffautiana corsa dell’adolescente verso il mare e verso la libertà.

Annalice Furfari – mymovies.it