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Chiamatemi Francesco
8 Agosto 2016

Chiamatemi Francesco – Il Papa della gente
di Daniele Luchetti
Con Rodrigo De la Serna, Sergio Hernández, Muriel Santa Ana, José Ángel Egido, Alex Brendemühl.
Drammatico, 94 min. – Italia 2015.
Jorge Bergoglio è uno studente come tanti nella Buenos Aires degli anni Sessanta quando decide di entrare a far parte dell’Ordine dei Gesuiti. (…) da subito deve apprendere la virtù dell’obbedienza: sarà proprio questa a porlo di fronte alle scelte più importanti della sua vita, perché dovrà distinguere fra i doveri verso la propria coscienza e la sottomissione al regime dittatoriale di Videla e allo strapotere dei proprietari terrieri…
Daniele Luchetti e il suo produttore, Pietro Valsecchi, si sono buttati nell’impresa di raccontare la storia di Bergoglio prima che diventasse Papa con lui ben vivo e presente in Vaticano, senza consultarlo e senza chiedere la collaborazione dell’istituzione ecclesiastica. Questo ha dato loro la (relativa) libertà di raccogliere testimonianze da una quantità di persone più o meno attendibili, di affrontare direttamente il capitolo più spinoso e controverso della vita dell’allora Responsabile provinciale gesuita, ovvero il suo rapporto con la dittatura argentina negli anni fra il 1976 e il 1981, e di prendere le sue parti dando credibilità alla versione della Storia che lo vede a fianco dei desaparecidos e dei preti militanti. Il che non significa che la sceneggiatura sorvoli sul fatto che Bergoglio ha tolto ad alcuni di questi ultimi la protezione dell’Ordine dei Gesuiti di fatto consegnandoli al regime, ma significa che concede al suo comportamento il beneficio di quella doppia lettura che riguarda gran parte della quotidianità sudamericana, ovvero la coesistenza di una condotta ufficiale e una ufficiosa, data dalla necessità di muoversi apparentemente all’interno delle regole per poi trasgredirle di nascosto seguendo la propria etica. (…)
L’efficacia del racconto sta principalmente nell’aderenza della sua estetica a quella popolare latina, in rispettosa aderenza della forma al suo contenuto e all’etnia del suo protagonista. Luchetti si concede l’apparente elementarità “sudamericana” del racconto dipingendo un murales di larga accessibilità, e parte da un inizio fortemente didascalico che diventa a poco a poco cinema, complice anche il potente inserto che ricostruisce l’inferno dei desaparecidos attingendo a piene mani da Garage Olimpo più ancora che da La notte delle matite spezzate. (…)
Paola Casella (www.mymovies.it)