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Lion (di G. Davis)
5 Agosto 2017
Lion – La strada verso casa
di Garth Davis
Drammatico, 129’, USA, Australia, Gran Bretagna 2016.
Con Dev Patel, Rooney Mara, Nicole Kidman, David Wenham, Nawazuddin Siddiqui.
Il film racconta l’incredibile storia vera di Saroo, un bambino di Madras in India che a 5 anni finisce sul treno sbagliato e si perde a Calcutta. Viene ritrovato dalle autorità ma non riesce a spiegare il suo luogo di provenienza, ha soltanto in mente l’immagine della stazione dalla quale era partito. Viene quindi adottato da una coppia australiana. Molti anni dopo, ormai adulto, decide utilizzando Google Earth, di analizzare una per una tutte le stazioni ferroviarie dell’India finché non riesce a trovare quella giusta…
Sulla carta, una storia del genere pareva presentarsi da sola, restava da decidere se aver voglia o meno di piangere tutte le proprie lacrime per una versione ancora più incredibile, per quanto vera di The Millionaire. I meno scettici si potevano aggrappare al nome del regista, Garth Davis per sperare in qualche sorpresa. Per una volta, invece, c’è di più. Tutta la prima parte, che vede protagonista il piccolo Sunny Pawar, ha un che di magnetico. Si resta incollati alla forza d’animo del bambino, al suo sguardo attento, al suo cuore gonfio, mentre viene catapultato suo malgrado dal nulla della casa d’origine alla vastità della megalopoli e della sua disumanità. Davis racconta bene come lo sguardo di Saroo si aggrappa a quello degli altri bambini, in cerca di una fratellanza, sullo sfondo di un mondo adulto ambiguo se non meschino.
Lion è perciò un oggetto particolare, un film da Oscar che dei film da Oscar evita tutti i soliti difetti. Una grande narrazione a lieto fine ma nel quale il risarcimento emotivo non è completo e lascia dietro di sé e nello spettatore degli strascichi; un film in cui le immancabili rimonte di sceneggiatura sono gestite con eleganza non comune, senza che quasi che ne accorgiamo, e così il destino di Saroo è raccontato come una storia nella storia, quella di un cucchiaio immaginario che diventa un reale e anglofono “spoon” e del quale si deve liberare, tornando ad usare il naan, il pane indiano, come un cucchiaio, per poter tornare a toccare il proprio sé.
Marianna Cappi – Mymovies.it