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Paterson (di J. Jarmusch)
27 Luglio 2017

Paterson
di Jim Jarmusch
Drammatico, 113’, USA 2016.
Con Adam Driver, Golshifteh Farahani, Kara Hayward, Sterling Jerins, Jared Gilman, Luis Da Silva Jr.
Paterson vive a Paterson, New Jersey, con la moglie Laura e il cane Marvin. Ogni giorno guida l’autobus per le vie della città, ogni sera porta fuori il cane e beve una birra nel pub dell’isolato. Mentre la moglie colleziona progetti fantasiosi e fuori portata, e decora ininterrottamente la loro casa, Paterson appunta umilmente le sue poesie su un taccuino, che porta sempre con sé.
Non è la prima volta che Jim Jarmusch usa il reaction shot di un cane (Ghost Dog – Il codice del samurai). Ma in Paterson ce ne sono tanti, insistiti. E sono reazioni che appartengono allo sguardo di un bulldog brontolone e geloso, pigro ma non disattento: la reazione di fronte all’obliquità della realtà.
Un fuori asse ostinato, il centro scentrato: Jarmusch ne ha sempre fatto la sua ideologia. In Paterson, che sembra tornare all’aneddotica del Jarmusch dei primi anni Novanta (ma senza dimenticare Coffee and Cigarettes) e che invece prosegue la geografia dei sentimenti del capolavoro Solo gli amanti sopravvivono, stare ai margini della vita, su una poltrona, fra uno sbadiglio e un pisolino, non significa non farne parte: a tal punto che la rottura della coerenza e della prevedibilità parte da lui, dal bulldog protagonista, Marvin, il responsabile della “non correttezza” della cassetta delle lettere della casa in cui vive, e di altro ancora. È Marvin il primo testimone dei dialoghi fra i suoi padroni Paterson (Adam Driver) e Laura (Golshifteh Farahani), il primo osservatore privilegiato delle invenzioni artistiche della donna, il colpevole di un “azzeramento” conclusivo che obbliga a voltare letteralmente pagina (e la pagina nuova è bianca, vergine, in attesa di inchiostro): i cani di Jarmusch osservano il corso delle cose ma fanno qualcosa di più, intervengono. Jarmusch, che è nato artisticamente negli anni Ottanta e che nell’indipendenza senza coordinate e senza padroni ha costruito la sua forza punk, cerca in Paterson la simmetria di una visione equilibrata ma è costretto ad abdicare in favore dell’irregolarità: la perfezione di un verso poetico lascia il posto a un’espressione onomatopeica di sorpresa. […]
Pier Maria Bocchi – cineforum.it