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Weekend (di A. Haigh)
6 Settembre 2016
Weekend
di Andrew Haigh
Con Tom Cullen, Chris New, Laura Freeman, Vauxhall Jermaine, Jonathan Race.
Drammatico, 96 min. – UK 2011.
Al termine di una serata con gli amici storici, Russell conosce Glen in un gay club e i due trascorrono la notte insieme. Glen chiede a Russell di raccontarsi al registratore, dove tiene una sorta di archivio di tutti i suoi incontri sessuali, che vorrebbe trasformare in un progetto artistico. Diversi, con un passato diverso e idee diverse sul futuro, Russell e Glen cominciano a conoscersi e passano insieme l’intero weekend.
Andrew Haigh racconta una storia d’amore nella sua completezza, concentrandola in un arco di tempo molto breve, senza sacrificare per questo la varietà delle dinamiche psicologiche, il crescendo della passione, il timore del vuoto. Sceglie Russell quasi per caso, e altrettanto per caso arriva Glen, e di nessuno dei due sappiamo nulla, li conosciamo mentre si rivelano l’uno all’altro, ancora disposti a ridefinire se stessi l’uno per l’altro; dapprima apparentemente più fragile il primo e più sicuro di sé l’altro, poi a rovescio. La parità di informazioni che c’è tra quanto noi sappiamo di loro e quanto loro sanno di se stessi, favorita dalla distanza ravvicinata dell’obiettivo del regista ai corpi dei due personaggi, coinvolge e appassiona. Il progetto artistico di Andrew Haigh, all’apparenza non dissimile da quello di Glen (ma anche il personaggio di Russell tiene un diario simile), nasce da un incontro sessuale e diventa storia d’amore, straordinariamente quotidiana e credibile; piccolo melodramma.
Il regista riproduce la complessità del reale con grande pulizia e semplicità di forma, allestendo un dialogo tra il silenzio di Nottingham, la sua placidità e solidità architettonica, e il lavorìo del sentimento – prima brusio poi muto tumulto – preso nella sua congenita precarietà, qui esasperata dall’imminente partenza di uno dei protagonisti. Il naturalismo estremo non è mai sinonimo di tempi morti, ma di naturalezza del gesto, ed è palpabile la riuscita coerenza di tono tra il mood intimista della regia e il sentire dei personaggi in scena.
Come in 45 anni, il film successivo, che ha sancito la notorietà di Andrew Haigh e permesso il recupero nelle nostre sale di questo lavoro del 2011, il regista ragiona sul tempo, facendo coesistere momenti lontani tra loro, eppure compresenti. In quest’ottica, le registrazioni di Glen, lontano dall’essere un vezzo metacinematografico applicato a forza, sono una parte fondante del racconto: la cornice temporale dentro cui si svolge e lascia traccia di sé il breve incontro tra Russell e Glen.
Marianna Cappi (www.mymovies.it)